Corso Biblico – ATTI DEGLI APOSTOLI 5, 21B-42

Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d’Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione. 22 Ma gli incaricati, giunti sul posto, non li trovarono nella prigione e tornarono a riferire: 23 “Abbiamo trovato il carcere scrupolosamente sbarrato e le guardie ai loro posti davanti alla porta, ma, dopo aver aperto, non abbiamo trovato dentro nessuno”.
24 Udite queste parole, il capitano del tempio e i sommi sacerdoti si domandavano perplessi che cosa mai significasse tutto questo, 25 quando arrivò un tale ad annunziare: “Ecco, gli uomini che avete messo in prigione si trovano nel tempio a insegnare al popolo”.
26 Allora il capitano uscì con le sue guardie e li condusse via, ma senza violenza, per timore di esser presi a sassate dal popolo.
27 Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo: 28 “Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell’uomo”.
29 Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. 30 Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce. 31 Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati. 32 E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui”.
33 All’udire queste cose essi si irritarono e volevano metterli a morte.
34 Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della legge, stimato presso tutto il popolo. Dato ordine di far uscire per un momento gli accusati, 35 disse: “Uomini di Israele, badate bene a ciò che state per fare contro questi uomini.
36 Qualche tempo fa venne Tèuda, dicendo di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quanti s’erano lasciati persuadere da lui si dispersero e finirono nel nulla.
37 Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo, ma anch’egli perì e quanti s’erano lasciati persuadere da lui furono dispersi.
38 Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; 39 ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!”.
40 Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi li rimisero in libertà. 41 Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù.
42 E ogni giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo.

 

Commento

Siamo alla fine del capitolo 5 e possiamo vedere che la Chiesa, nata dalla morte e risurrezione di Gesù, sta man mano prendendo forma.
L’inarrestabile azione dello Spirito Santo converte, trasforma chi aderisce e ne fa’ l’alfiere della testimonianza. La comunità cresce e pian piano acquista una sua maturità. Si rende consapevole delle proprie fragilità e delle proprie debolezze ( come simbolo della fragilità umana, cf. Atti 3,1-10: l’episodio della guarigione dello storpio).
Si rende consapevole del male che la attacca dall’esterno, n modo frontale e minaccioso con la violenza di chi non a argomenti, (il sinedrio, i potenti) e del  e del male che la attacca dall’interno in modo subdolo e ingannevole, la menzogna ( cf. At. 5,1-11: la frode di Anania e Saffira).  
Ma il coraggio semplice degli apostoli che cercano di camminare nella verità e che sentono crescere dentro di loro la forza infusa dallo Spirito Santo, non possono e non vogliono arretrare.
Gli apostoli e i discepoli che hanno sperimentato l’amore e la misericordia di Dio sanno che rimanendo uniti come fratelli e stretti al Signore non saranno abbandonati! Qualsiasi cosa possa succedere: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”, (Mt. 28,20b).
Il capitolo 5, 22-42 ci descrive due momenti importanti del processo agli apostoli intentato dal Sinedrio.
Viene, infatti, presentata ancora una volta la bellezza della testimonianza e la confusione di chi vuole confutarla usando la forza e la violenza.
Nell’ultimo nostro incontro abbiamo lasciato gli apostoli usciti miracolosamente dal carcere, che ritornano nel portico di Salomone a continuare la loro predicazione e la loro testimonianza (At. 5,17-21).
Il sinedrio, nel brano di oggi, si riunisce per processare una seconda volta gli apostoli.
Li mandano a prendere, ma loro non ci sono più. Lo stupore prende le guardie del Tempio che vanno a riferire il fatto e che in carcere tutto era in ordine, le guardie al loro posto, le porte chiuse ma gli apostoli non c’erano più.
Infatti gli apostoli, liberati dall’angelo, sono nel tempio a predicare.
La Parola non può essere imprigionata!
“La Parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto …” (2 Tm. 2,8-15).
Neanche noi possiamo incatenare la parola, metterla in carcere, usarla solo in determinate circostanze, ma deve pervadere tutta la nostra vita.
Avvisati sul luogo dove si trovano gli apostoli, le guardie vanno a prelevarli, ma con delicatezza.
E’ la delicatezza del lupo, che trovandosi a mal partito, preferisce battere in ritirata con la segreta intenzione di attaccare al momento opportuno.  
Assistiamo, ancora una volta, all’interrogatorio del sommo sacerdote, che ricorda agli apostoli l’ordine di non insegnare più nel nome di “Costui”. Il sommo sacerdote addirittura evita di pronunciare il nome di “Gesù”. È questo il motivo dell’accanimento del sinedrio.
Il problema non è l’evasione dal carcere ma il fatto che gli apostoli continuano a insegnare nel nome di Gesù. 
Questa volta Pietro è categorico, lapidario, più di quanto si è espresso nel capitolo 44,19-20: “Ma Pietro e Giovanni replicarono: “Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi;20 noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”.
Luca qui fa un capolavoro di ermeneutica perché mette in bocca a Pietro un piccolo “Credo”, una piccola sintesi dell’azione trinitaria nella storia della salvezza.
“Il Dio dei nostri padri”: qui Pietro inizia sottolineando l’origine di tutto, la base comune su cui si potrebbe iniziare un nuovo discernimento dei fatti accaduti in città.
Il Dio di tutti, quel Dio che è osannato e celebrato nel Tempio, è Lui che ha inviato Gesù, il quale è stato ucciso, ma che poi è risorto!
Il versetto 31 è di un’apertura straordinaria: Gesù è risorto e Dio lo ha fatto capo e salvatore per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati.
Pietro annuncia che la salvezza portata da Gesù è per tutti; anche per coloro che lo hanno appeso alla croce!
Per questo gli apostoli non possono nascondersi dalla predicazione, tutti devono ascoltare l’annuncio della salvezza, nessuno escluso.
Tutti devono toccare con mano che l’amore di Dio non esclude, non è segreto, non chiude le porte. 
Pietro ribadisce ancora il fatto di essere testimoni di quanto affermano, insieme allo Spirito Santo che il Signore ha donato loro infondendo energia e coraggio.
Questo è il vero centro del conflitto: il nome di Gesù!
Sentire ancora una volta Pietro parlare di Gesù risorto, come il Capo e il Salvatore mandato da Dio, quindi il Messia atteso, provoca nei membri del sinedrio una grande irritazione e per la prima volta parlano di mettere a morte gli apostoli.
Esattamente gli stessi atteggiamenti che avevano con Gesù.
Ma ecco che appare sulla scena un dottore della legge, fariseo e molto stimato, Gamaliele.  
Non è la prima volta che troviamo tra i farisei delle persone sagge. Ricordiamo ad esempio Nicodemo, che andò da Gesù di notte (Gv 3,1-21); o Giuseppe di Arimatea, che chiese il corpo di Gesù a Pilato e mise a disposizione il proprio sepolcro per seppellire Gesù (Mc. 15,43; Lc. 23,50).
In questo episodio Gamaliele rappresenta l’uomo saggio, che non si fa condizionare dal clamore e non segue la corrente, ma vuole ragionare, riflettere; fa discernimento.
E’ consapevole che i fatti sono di una portata straordinaria, riesce a vedere la franchezza degli apostoli e si accorge dell’acceccamento iroso dei componenti del sinedrio.
Gamaliele, da uomo giusto, interviene: fa uscire gli apostoli e parla al sinedrio.
Nel suo discorso porta due esempi: Teuda e Giuda, il galileo fondatore degli zeloti.
Questi due personaggi affermando di essere loro il Messia, tentarono una rivolta per cacciare i romani e liberare Israele del giogo dei conquistatori.
Ma queste due rivolte furono soppresse con il sangue; Teuda e giuda furono uccisi e tutto finì.
Poi arriva Gesù, che dice: “Amate i vostri nemici, pregate per quelli che vi perseguitano”. Anche lui viene ucciso, ma in un altro modo. Porta una novità! Qualcosa di nuovo, che richiede un’apertura mentale diversa.
Gamaliele vede quello che gli altri non vedono: la mitezza e la franchezza, la non violenza, la caparbietà nel professare il proprio Credo.
“Perché vi agitate e preoccupate di costoro che predicano nel nome di Gesù, morto sulla croce? Lasciateli fare perché se quello che predicano è falso e non viene da Dio, vedrete che scomparirà.
Anche perché se tutto questo viene da Dio, non potrete sconfiggerli!” E Gamaliele conclude il discorso in maniera incisiva: “Non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!”
Il tentativo è quello di aiutare il sinedrio ad aprirsi alla novità o, almeno, a verificare il perché succedono queste cose.
Qui potremmo aprire una parentesi su quante volte, nel tempo e nella storia, abbiamo lottato e stiamo lottando, contro Dio.
Il discorso di Gamaliele ha avuto un effetto solo parziale, perché per le persone di potere l’unica verità è quella di mantenere il potere!
Decidono quindi di non mettere a morte gli apostoli, ma di liberarli.
Oltre a intimargli di non continuare a parlare nel nome di Gesù, li fanno frustare con i 39 colpi.
Era una pena dolorosissima e chi vi era sottoposto poteva anche morire.
San Paolo subì per ben 5 volte tale supplizio. La frusta era formata da striscie di cuoio e all’estremità vi erano fissati frammenti di ossa.
Ma la cosa che più stupisce è il fatto che gli apostoli se ne andarono via “lieti” di essere stati fustigati per aver testimoniato Gesù risorto. Si realizza così l’ultima delle Beatitudini.

Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. Lc 6,22-23

Sì, erano lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù. Emerge qui per la prima volta quel sentimento di gioia che viene proprio quando gli apostoli sperimentano sulla “propria pelle” il Mistero di Cristo.
Continuano ad insegnare il nome di Gesù non solo nel tempio, ma anche nelle case.  
Verrà il momento che non potranno più predicare nel tempio perché la persecuzione si farà sempre più violenta, fino al martirio di Stefano (At. 7).
E’ importante che facciamo nostra la frase di Pietro, “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. Questa frase dovrebbe diventare la guida della nostra vita e, anche se a volte può causare sofferenze, il Signore ci ricorda che essere credenti significa anche soffrire “per causa della giustizia”.

Fiorello Ciaramicoli, diacono.

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