5. San Giovanni Paolo II si è occupato di questo tema con un interesse crescente. Nella sua prima Enciclica, osservò che l’essere umano sembra «non percepire altri significati del suo ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso e consumo».[1] Successivamente invitò ad una conversione ecologica globale. Ma nello stesso tempo fece notare che si mette poco impegno per «salvaguardare le condizioni morali di un’autentica ecologia umana».[2]La distruzione dell’ambiente umano è qualcosa di molto serio, non solo perché Dio ha affidato il mondo all’essere umano, bensì perché la vita umana stessa è un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado. Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli «stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società». L’autentico sviluppo umano possiede un carattere morale e presuppone il pieno rispetto della persona umana, ma deve prestare attenzione anche al mondo naturale e «tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato». [3] Pertanto, la capacità dell’essere umano di trasformare la realtà deve svilupparsi sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio.[4]
6. Il mio predecessore Benedetto XVI ha rinnovato l’invito a «eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell’economia mondiale e correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente». [5] Ha ricordato che il mondo non può essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perché «il libro della natura è uno e indivisibile» e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali, e altri aspetti. Di conseguenza, «il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana».[6] Papa Benedetto ci ha proposto di riconoscere che l’ambiente naturale è pieno di ferite prodotte dal nostro comportamento irresponsabile. Anche l’ambiente sociale ha le sue ferite. Ma tutte sono causate in fondo dal medesimo male, cioè dall’idea che non esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti. Si dimentica che «l’uomo non è soltanto una libertà che si crea da sé. L’uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma è anche natura». [7] Con paterna preoccupazione ci ha invitato a riconoscere che la creazione risulta compromessa «dove noi stessi siamo le ultime istanze, dove l’insieme è semplicemente proprietà nostra e lo consumiamo solo per noi stessi. E lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi».[8]
«Di fronte alla bellezza, all’immensità di questo mondo, dei suoi paesaggi, alla complessità e alla perfezione della natura, di ciò che ci circonda e, perché no, anche dell’essere umano e del suo corpo, come non provare un senso di meraviglia e insieme anche di grande gratitudine?
Allo stesso tempo trovo che in noi purtroppo a volte si manifesti una sorta di egoismo, che ci fa pensare di poter disporre e abusare senza limiti di ciò che ci circonda. Interpretiamo in senso distorto questa famigerata “libertà”, che così diventa irrispettoso egoismo.
Ci dimentichiamo che anche noi siamo una parte di questa creazione, che niente è di nostra proprietà, che Dio “ci ha dato potere su tutte le cose” ma come dono gratuito, da sostenere, custodire e continuare a realizzare, non da esaurire. Abbiamo una grande responsabilità.
Non ho le conoscenze necessarie per entrare in argomenti come la tutela ambientale, l’ecologia globale… Ma nel mio piccolo mi rendo conto dei tanti comportamenti quotidiani che posso mettere in atto, dalla raccolta differenziata, all’evitare lo spreco dell’acqua, dell’elettricità, del cibo, evitare di “sporcare” l’ambiente in cui vivo… gesti forse banali, ma semplici, che se condivisi possono fare la loro parte.
Finisco con le parole del salmo 8, che mi è venuto in mente leggendo questa parte di enciclica e che mi ha accompagnato durante la riflessione».
“... Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l’uomo perché te ne ricordi,
il figlio dell’uomo perché te ne curi?
Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna;
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
che percorrono le vie del mare.
O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!”
Giulia Marini
[1] Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), 15: AAS 71 (1979), 287.
[2] Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 38: AAS 83 (1991), 841.
[3] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis (30 dicembre 1987), 34: AAS 80 (1988), 559.
[4] Cfr Id., Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 37: AAS 83 (1991), 840.
[5] Discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede (8 gennaio 2007): AAS 99 (2007), 73.
[6] Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 51: AAS 101 (2009), 687.
[7] Discorso al Deutscher Bundestag, Berlino (22 settembre 2011): AAS 103 (2011), 664.
[8] Discorso al clero della Diocesi di Bolzano-Bressanone (6 agosto 2008): AAS 100 (2008), 634.