LETTERA ENCICLICA LAUDATO SI’ – paragrafo 51, 52

51. L’inequità non colpisce solo gli individui, ma Paesi interi, e obbliga a pensare ad un’etica delle relazioni internazionali. C’è infatti un vero “debito ecologico”, soprattutto tra il Nord e il Sud, connesso a squilibri commerciali con conseguenze in ambito ecologico, come pure all’uso sproporzionato delle risorse naturali compiuto storicamente da alcuni Paesi. Le esportazioni di alcune materie prime per soddisfare i mercati nel Nord industrializzato hanno prodotto danni locali, come l’inquinamento da mercurio nelle miniere d’oro o da diossido di zolfo in quelle di rame. In modo particolare c’è da calcolare l’uso dello spazio ambientale di tutto il pianeta per depositare rifiuti gassosi che sono andati accumulandosi durante due secoli e hanno generato una situazione che ora colpisce tutti i Paesi del mondo. Il riscaldamento causato dall’enorme consumo di alcuni Paesi ricchi ha ripercussioni nei luoghi più poveri della terra, specialmente in Africa, dove l’aumento della temperatura unito alla siccità ha effetti disastrosi sul rendimento delle coltivazioni. A questo si uniscono i danni causati dall’esportazione verso i Paesi in via di sviluppo di rifiuti solidi e liquidi tossici e dall’attività inquinante di imprese che fanno nei Paesi meno sviluppati ciò che non possono fare nei Paesi che apportano loro capitale: «Constatiamo che spesso le imprese che operano così sono multinazionali, che fanno qui quello che non è loro permesso nei Paesi sviluppati o del cosiddetto primo mondo. Generalmente, quando cessano le loro attività e si ritirano, lasciano grandi danni umani e ambientali, come la disoccupazione, villaggi senza vita, esaurimento di alcune riserve naturali, deforestazione, impoverimento dell’agricoltura e dell’allevamento locale, crateri, colline devastate, fiumi inquinati e qualche opera sociale che non si può più sostenere».

52. Il debito estero dei Paesi poveri si è trasformato in uno strumento di controllo, ma non accade la stessa cosa con il debito ecologico. In diversi modi, i popoli in via di sviluppo, dove si trovano le riserve più importanti della biosfera, continuano ad alimentare lo sviluppo dei Paesi più ricchi a prezzo del loro presente e del loro futuro. La terra dei poveri del Sud è ricca e poco inquinata, ma l’accesso alla proprietà dei beni e delle risorse per soddisfare le proprie necessità vitali è loro vietato da un sistema di rapporti commerciali e di proprietà strutturalmente perverso. E’ necessario che i Paesi sviluppati contribuiscano a risolvere questo debito limitando in modo importante il consumo di energia non rinnovabile, e apportando risorse ai Paesi più bisognosi per promuovere politiche e programmi di sviluppo sostenibile. Le regioni e i Paesi più poveri hanno meno possibilità di adottare nuovi modelli di riduzione dell’impatto ambientale, perché non hanno la preparazione per sviluppare i processi necessari e non possono coprirne i costi. Perciò, bisogna conservare chiara la coscienza che nel cambiamento climatico ci sono responsabilità diversificate e, come hanno detto i Vescovi degli Stati Uniti, è opportuno puntare «specialmente sulle necessità dei poveri, deboli e vulnerabili, in un dibattito spesso dominato dagli interessi più potenti». Bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana. Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c’è nemmeno spazio per la globalizzazione dell’indifferenza.

Dal libro della Genesi (1,1-8; 2,8-9;)
«In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo. Dio disse: “Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque”. Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno… 

Riflessione

Il libro della Genesi ci presenta due scene diverse per descrivere la creazione della terra: nella prima Dio raccoglie le acque in un unico luogo; emerge così il suolo asciutto, che dapprincipio produce vegetazione, poi si popola di animali e dove infine compare l’uomo, al quale Dio offre i frutti della terra e affida l’incarico di dominare su tutte le bestie. Nel secondo racconto, invece, la terra è un luogo arido e sterile dove Dio pianta un giardino, per collocarvi l’uomo che aveva plasmato. Entrambi i racconti, benché diversi, hanno tuttavia dei tratti in comune: Dio è il creatore della terra che, di conseguenza, è sua proprietà, gli appartiene; come afferma il Salmo 24: «Del Signore è la terra e quanto contiene». Nello stesso tempo, però, l’uomo ha un legame intimo e profondo con questa «proprietà di Dio». Rispetto ad essa ha innanzitutto un compito, una responsabilità: come un buon amministratore, egli deve continuare l’opera iniziata dal Creatore, il quale ha trasformato il caos del nulla iniziale in un cosmo armonico e ordinato.

Lodi al Creatore

La vocazione dell’uomo è di farsi voce di tutta la creazione, per esprimere la lode a Dio che in essa è presente, benché senza voce. Celebriamo allora insieme la nostra lode e gratitudine al Signore, pregando il ritornello: Benedite il Signore.

Cielo terso e azzurro \  Terra ampia e fertile
Mare trasparente e profondo
Benedite il Signore!

Vette alte e rocciose  \  Sole caldo e luminoso
Acque limpide e chiare
Benedite il Signore!

Foreste verdi e intricate \  Deserti aridi e sabbiosi
Stelle brillanti e splendenti
Benedite il Signore! 

La riflessione e le preghiere utilizzate in questa traccia sono tratte dal libro di Alfonsina Zanatta – Piermario Ferrari e comunità della Trasfigurazione, Il respiro della terra, Paoline

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