
II. LA SAPIENZA DEI RACCONTI BIBLICI
65. Senza riproporre qui l’intera teologia della Creazione, ci chiediamo che cosa ci dicono i grandi racconti biblici sul rapporto dell’essere umano con il mondo. Nel primo racconto dell’opera creatrice nel libro della Genesi, il piano di Dio include la creazione dell’umanità. Dopo la creazione dell’uomo e della donna, si dice che «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31). La Bibbia insegna che ogni essere umano è creato per amore, fatto ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26). Questa affermazione ci mostra l’immensa dignità di ogni persona umana, che «non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. È capace di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone». San Giovanni Paolo II ha ricordato come l’amore del tutto speciale che il Creatore ha per ogni essere umano «gli conferisce una dignità infinita». Coloro che s’impegnano nella difesa della dignità delle persone possono trovare nella fede cristiana le ragioni più profonde per tale impegno. Che meravigliosa certezza è sapere che la vita di ogni persona non si perde in un disperante caos, in un mondo governato dalla pura casualità o da cicli che si ripetono senza senso! Il Creatore può dire a ciascuno di noi: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto» (Ger 1,5). Siamo stati concepiti nel cuore di Dio e quindi «ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario».
66. I racconti della creazione nel libro della Genesi contengono, nel loro linguaggio simbolico e narrativo, profondi insegnamenti sull’esistenza umana e la sua realtà storica. Questi racconti suggeriscono che l’esistenza umana si basa su tre relazioni fondamentali strettamente connesse: la relazione con Dio, quella con il prossimo e quella con la terra. Secondo la Bibbia, queste tre relazioni vitali sono rotte, non solo fuori, ma anche dentro di noi. Questa rottura è il peccato. L’armonia tra il Creatore, l’umanità e tutto il creato è stata distrutta per avere noi preteso di prendere il posto di Dio, rifiutando di riconoscerci come creature limitate. Questo fatto ha distorto anche la natura del mandato di soggiogare la terra (cfr Gen 1,28) e di coltivarla e custodirla (cfr Gen 2,15). Come risultato, la relazione originariamente armonica tra essere umano e natura si è trasformato in un conflitto (cfr Gen 3,17-19). Per questo è significativo che l’armonia che san Francesco d’Assisi viveva con tutte le creature sia stata interpretata come una guarigione di tale rottura. San Bonaventura disse che attraverso la riconciliazione universale con tutte le creature in qualche modo Francesco era riportato allo stato di innocenza originaria. Lungi da quel modello, oggi il peccato si manifesta con tutta la sua forza di distruzione nelle guerre, nelle diverse forme di violenza e maltrattamento, nell’abbandono dei più fragili, negli attacchi contro la natura.
COMMENTO
La rilettura che l’enciclica propone del mistero dell’universo chiarisce come la tradizione ebraico-cristiana abbia inteso il rapporto con la natura: da un lato l’ha demitizzata non attribuendole più un carattere divino, d’altro lato l’ha inserita in quel “progetto dell’amore di Dio dove ogni creatura ha un valore e un significato” (LS 76) perché “l’universo non è sorto come risultato di un’onnipotenza arbitraria, di una dimostrazione di forza o di un desiderio di autoaffermazione: la creazione appartiene all’ordine dell’amore” (LS 77). Anche in questo capitolo più teologico, tuttavia, papa Francesco conserva quello stile di scrittura e quella varietà di timbri e di citazioni che aveva già caratterizzato l’esortazione Evangelii gaudium. Così, volendo ribadire come l’identità di ciascuno di noi sia legata anche al contesto naturale in cui ha vissuto e vive, egli non solo rammenta che “suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio” (LS 84) ma pare riandare a ricordi ancor più personali e che ciascuno di noi può sentire come propri: “Chi è cresciuto tra i monti, o chi da bambino sedeva accanto al ruscello per bere, o chi giocava in una piazza del suo quartiere, quando ritorna in quei luoghi si sente chiamato a recuperare la propria identità” (ivi). D’altronde la “comunione universale” nella quale siamo avvolti non è un marasma fusionale, ma un tessuto di relazioni, memorie, storie, passioni e solidarietà che abbracciano non solo gli esseri umani ma la creazione intera: “Tutto è in relazione, e tutti noi esseri umani siamo uniti come fratelli e sorelle in un meraviglioso pellegrinaggio, legati dall’amore che Dio ha per ciascuna delle sue creature e che ci unisce anche tra noi, con tenero affetto, al fratello sole, alla sorella luna, al fratello fiume e alla madre terra” (LS 92).
Nei paragrafi conclusivi del secondo capitolo – autentico fondamento teologico di tutta l’enciclica – papa Francesco, dopo aver riaffermato ancora una volta la tanto disattesa “destinazione comune dei beni”, ritorna allo “sguardo di Gesù”, al suo modo di collocarsi in armonia con la creazione, con quello stile di vita così “distante dalle filosofie che disprezzavano il corpo, la materia e la realtà di questo mondo”. E qui Francesco riconosce con parresia che non sempre la chiesa ha saputo mantenere questo sguardo solidale e misericordioso di Gesù verso la creazione: “questi dualismi malsani hanno avuto un notevole influsso su alcuni pensatori cristiani nel corso della storia e hanno deformato il Vangelo” (LS 98). Per questo papa Francesco riconduce costantemente la sua riflessione alle radici bibliche e al dettato evangelico, presentando la creazione come opera trinitaria, ossia come opera di Dio compiuta attraverso il Figlio e nella potenza dello Spirito santo. Sapienza, architetto (amon: Pr 8,30) della creazione è il Figlio di Dio attraverso il quale tutto è stato chiamato all’esistenza: “in virtù di lui esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui” (1Cor 8,6). Il Figlio è il “primogenito di ogni creatura” (Col 1,15), è colui attraverso il quale tutto fu fatto (cf. Gv 1,3; Col 1,16-17). Il Figlio è il mediatore di tutta l’opera creazionale, è il fondamento dell’esistenza dell’intero creato. (ENZO BIANCHI)