LETTERA ENCICLICA LAUDATO SI’ – paragrafo 84-86

IV. IL MESSAGGIO DI OGNI CREATURA NELL’ARMONIA DI TUTTO IL CREATO

84. Insistere nel dire che l’essere umano è immagine di Dio non dovrebbe farci dimenticare che ogni creatura ha una funzione e nessuna è superflua. Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi. Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio. La storia della propria amicizia con Dio si sviluppa sempre in uno spazio geografico che diventa un segno molto personale, e ognuno di noi conserva nella memoria luoghi il cui ricordo gli fa tanto bene. Chi è cresciuto tra i monti, o chi da bambino sedeva accanto al ruscello per bere, o chi giocava in una piazza del suo quartiere, quando ritorna in quei luoghi si sente chiamato a recuperare la propria identità.

85. Dio ha scritto un libro stupendo, «le cui lettere sono la moltitudine di creature presenti nell’universo». I Vescovi del Canada hanno espresso bene che nessuna creatura resta fuori da questa manifestazione di Dio: «Dai più ampi panorami alla più esili forme di vita, la natura è una continua sorgente di meraviglia e di reverenza. Essa è, inoltre, una rivelazione continua del divino». I Vescovi del Giappone, da parte loro, hanno detto qualcosa di molto suggestivo: «Percepire ogni creatura che canta l’inno della sua esistenza è vivere con gioia nell’amore di Dio e nella speranza». Questa contemplazione del creato ci permette di scoprire attraverso ogni cosa qualche insegnamento che Dio ci vuole comunicare, perché «per il credente contemplare il creato è anche ascoltare un messaggio, udire una voce paradossale e silenziosa». Possiamo dire che «accanto alla rivelazione propriamente detta contenuta nelle Sacre Scritture c’è, quindi, una manifestazione divina nello sfolgorare del sole e nel calare della notte». Prestando attenzione a questa manifestazione, l’essere umano impara a riconoscere sé stesso in relazione alle altre creature: «Io mi esprimo esprimendo il mondo; io esploro la mia sacralità decifrando quella del mondo».

86. L’insieme dell’universo, con le sue molteplici relazioni, mostra al meglio la ricchezza inesauribile di Dio. San Tommaso d’Aquino ha sottolineato sapientemente che la molteplicità e la varietà provengono «dall’intenzione del primo agente», il Quale ha voluto che «ciò che manca a ciascuna cosa per rappresentare la bontà divina sia supplito dalle altre cose», perché la sua bontà «non può essere adeguatamente rappresentata da una sola creatura». Per questo, abbiamo bisogno di cogliere la varietà delle cose nelle loro molteplici relazioni. Dunque, si capisce meglio l’importanza e il significato di qualsiasi creatura, se la si contempla nell’insieme del piano di Dio. Questo insegna il Catechismo: «L’interdipendenza delle creature è voluta da Dio. Il sole e la luna, il cedro e il piccolo fiore, l’aquila e il passero: le innumerevoli diversità e disuguaglianze stanno a significare che nessuna creatura basta a se stessa, che esse esistono solo in dipendenza le une dalle altre, per completarsi vicendevolmente, al servizio le une delle altre».

COMMENTO

Il testo e il tono dell’enciclica sono tipici di papa Francesco e della cultura ecologica che egli ha maturato, ma ci si può rendere conto anche del fatto che molte espressioni e modi di dire rimandano a quanto si pensa e si scrive principalmente in America Latina. I temi, tra gli altri, della «casa comune», della «madre Terra», del «grido della Terra e grido dei poveri», della «cura», dell’«interdipendenza fra tutti gli esseri», dei «poveri e vulnerabili», del «cambiamento di paradigma», dell’«essere umano come Terra» che sente, pensa, ama e venera, dell’«ecologia integrale», sono tutti temi ricorrenti tra noi.
La struttura dell’enciclica ubbidisce al rituale metodologico usato dalle nostre Chiese e dalla riflessione teologica legata alla pratica della liberazione, ora adottata e consacrata dal papa: vedere, giudicare, agire e celebrare. 
Fin dall’inizio rivela la sua principale fonte d’ispirazione: san Francesco d’Assisi, che egli definisce «esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale», esprimendo un’attenzione particolare «verso i più poveri e abbandonati» (10 e 66).
E si sofferma quindi sul vedere: su «quello che sta accadendo alla nostra casa» (17-61). Il papa afferma: «Basta però guardare la realtà con sincerità per vedere che c’è un grande deterioramento della nostra casa comune» (61). In questa parte egli incorpora i dati più consistenti sul cambiamento climatico (20-22), la questione dell’acqua (27-31), l’erosione della biodiversità (32-42), il deterioramento della qualità della vita umana e il degrado della vita sociale (43-47), e denuncia l’alto tasso di iniquità planetaria, che colpisce tutti gli ambiti della vita (48-52) e vede i poveri come principali vittime (48). 
In questa sezione appare una frase che rimanda alla riflessione condotta in America Latina: «Ma oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (49). 
E poi aggiunge: i gemiti di sorella terra «si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo» (53). E questo è assolutamente coerente, in quanto
all’inizio afferma che «noi stessi siamo terra» (2; cfr Gn 2,7), pienamente in linea con il grande cantore e poeta indigeno argentino Atahualpa Yupanqui: «L’essere umano è la Terra che cammina, che sente, che pensa e che ama». 
Condanna poi le proposte di internazionalizzazione dell’Amazzonia, «che servono solo agli interessi economici delle multinazionali» (38). E fa un’affermazione di grande vigore etico: è gravissima iniquità «quando si pretende di ottenere importanti benefici facendo pagare al resto dell’umanità, presente e futura, gli altissimi costi del degrado ambientale» (36). 
Riconosce con tristezza: «Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli» (53). Di fronte a questa offensiva umana contro la madre Terra che molti scienziati hanno denunciato come l’avvento di una nuova era geologica – l’Antropocene -, lamenta l’inadeguatezza dei poteri di questo mondo che, illusi, pensano che «il pianeta potrebbe rimanere per molto tempo nelle condizioni attuali », come alibi «per alimentare tutti i vizi autodistruttivi» (59) con un «comportamento che a volte sembra suicida» (55).  (Continua..)

La carta magna dell’ecologia integrale, Leonardo Boff

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