LA PAZIENZA

Finalmente Paolo parte per Roma, è un momento particolare, in cui la chiamata di Dio ti porta lontano dalla tua terra, dai tuoi affetti, dalla tua Chiesa particolare che ti ha accolto e cresciuto.
In misto di trepidazione, di gioia e di sofferenza per un distacco. Eppure in questa partenza c’è qualcosa di diverso e Luca lo sottolinea non parlandone.
27,1 Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l’Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta. Così comincia il capitolo, una precisa cronaca dei fatti in cui non traspaiono i sentimenti.
Ora mettiamola a confronto con la partenza di Paolo da Efeso al Cap. 20 6Dopo aver detto questo, si inginocchiò con tutti loro e pregò. 37Tutti scoppiarono in pianto e, gettandosi al collo di Paolo, lo baciavano, 38addolorati soprattutto perché aveva detto che non avrebbero più rivisto il suo volto. E lo accompagnarono fino alla nave.
Qui c’è il cuore della comunità che batte e soffre per il suo pastore che lascia il suo gregge.
Mi preme sottolineare questa cosa perché ancora una volta vorrei sottolineare la solitudine di Paolo che cammina sulla strada di Gesù fino alla Croce, fiducioso che il suo maestro è con lui. Anche se lungo il tragitto come vedremo incontrerà, come semi sparsi qua e là discepoli di Gesù che lo accoglieranno.
LA NAVE CON IL SUO CARICO DI UMANITA’
Luca descrive in modo dettagliato questo viaggio con tutti i particolari, dimostrandoci ancora una volta di essere un eccezionale cronista nonché un profondo conoscitore della geografia, e delle attività marinare. Vedi dettagli dei fenomeni atmosferici e della struttura della nave, ma anche un regista superbo nel dirigere la trama di questa sua opera per condurla al fine programmato, che la Parola arrivi fino ai confini del mondo.
Paolo deve arrivare a Roma il Signore glielo ha garantito, allora perché Luca è così dettagliato, nel descrivere questo viaggio tra l’altro così pieno di drammi, di pericoli. Sicuramente Luca vuol richiamarsi al cammino dell’uomo in questo mondo, inserito nel cammino della Chiesa sposa di Cristo. La Chiesa di tutti i tempi come la Chiesa di oggi è come una nave sballottata dalle onde del mare in tempesta, il mare per gli ebrei era l’ignoto, la personificazione del male. Quando al timone della nave c’è Gesù in persona, vedi la traversata del lago di Tiberiade, o Gesù nei suoi testimoni (Paolo) la meta sarà raggiunta.
Già possiamo vedere chi sono i compagni di viaggio di Paolo. C’è il comandante della nave, il centurione con i soldati che fanno da scorta, i marinai, Paolo e altri prigionieri. C’è sulla nave una comunità variegata di personaggi in cui possiamo racchiudere tutta l’umanità.
Una umanità fragile su un mezzo fragile in cui la presenza di Paolo/Gesù è determinante per la salvezza.
Più che un semplice viaggio di trasferimento in mare è un cammino di Fede in cui è evidente che il discepolo è completamente investito o rivestito del suo Maestro.
Luca ci fa anche rituffare nei grandi classici greci dell’Iliade e dell’Odissea anche se per Paolo non
è un ritorno ma un andare, un andare sempre avanti fino all’Eternità.
E in questo cammino, in questo navigare non ci sono morti, “Neanche un capello del vostro capo andrà perduto”.
C’è in questo brano un allusione al racconto di Giona, coinvolto alche lui in una tempesta, con un equipaggio terrorizzato che ha gettato il carico in mare. E’ una situazione analoga ma un capovolgimento di ruoli: Giona, disobbedisce agli ordini di Dio, ed è inseguito dalla sua collera, ma non vuole trascinare i marinai a condividere la sua sorte, promette loro che si salveranno se si dissoceranno da lui, così Giona viene gettato in mare e la tempesta si placa!
Paolo invece è nelle mani di Dio che lo vuole fare giungere a Roma, gli altri passeggeri che dopo molte titubanze saranno solidali con lui, saranno salvati dalla grazia di Dio. Come Paolo stesso in Rm 5,19 dirà “per l’obbedienza di uno solo, tutti saranno costituiti giusti”
Infatti è interessante vedere anche come Paolo da passeggero (prigioniero) qualunque, acquista sempre più fiducia verso il comandante della nave e il centurione, nonché di tutti gli ospiti della nave, tanto da essere proprio lui a esortare e incoraggiare e a dettare soluzioni per la salvezza di tutti.
IL PASTO IL MEZZO ALLA TEMPESTA
Molto bello è il momento della condivisione del pane. E’ un momento liturgico di rara bellezza che celebra la vita, in cui tutti sono partecipi, credenti e non credenti. Paolo in pratica celebra un Eucaristia nella tempesta. E’ un momento di rara spiritualità, nessuno degli abitanti della nave è credente salvo Paolo, Aristarco e Luca. Eppure sarà quel pane spezzato nel momento del pericolo che renderà tutti fratelli ridando energia a speranza a tutti.
Perché tutti hanno bisogno, specialmente nel pericolo quando si chiude lo stomaco e non si sente più neanche il bisogno di mangiare, di condividere il poco o ilmolto che serve per ridare energia al corpo e allo spirito.
Una sollecitazione a vivere sempre più e sempre meglio le nostre liturgie domenicali, non come un compito da assolvere, ho come una pratica da sbrigare velocemente, perché c’è altro da fare, ma come è veramente, un momento rigenerativo appunto per il corpo e per lo spirito che scaturisce dall’incontro con il Cristo vivo in mezzo a noi che ci nutre con la sua Parola e il suo corpo.
E che fa da collante per vivere la fraternità con tutto il mondo fatto di una umanità variegata dove nessuno, fosse anche il più potente della terra è al sicuro dalle tempeste.