LUCA 5,12-28 COMMENTO
Il brano che vi propongo oggi contiene due episodi molto importanti per
capire e meditare la bellezza e la straordinarietà nell’ordinario, della nostra
vita, del Vangelo di Gesù. Il primo è l’incontro di Gesù con il lebbroso, il
secondo, la guarigione del paralitico.
Luca sulla scia del discorso programmatico di Gesù a Nazaret, lo mostra in
piena attività, dalla liberazione dell’indemoniato, alla guarigione della
suocera di Pietro, poi la pesca miracolosa che coinvolge lo stesso Pietro.
Ciò vuol dire che la Parola salva, converte, libera è efficace, ma ha bisogno del
concorso di chi la ascolta.
Ora Gesù non è più solo ha con sé alcuni seguaci, perché ciò che compie sarà
amplificato fino ai confini del mondo, e attraverso il tempo.
La lebbra era una malattia terribile, che non distruggeva solo il corpo ma
anche l’anima, perché colui che era infettato, oltre a sopportare dolori
fortissimi e il disfacimento del suo corpo, diventava impuro e doveva essere
isolato e vivere fuori della città abbandonato da tutti.
Era considerato impuro non solo per la malattia ma anche perché questo tipo
di infermità era considerata una punizione divina per i peccati commessi e chi
lo avesse toccato sarebbe diventato impuro. Praticamente era un morto che
camminava. Prescrizioni durissime le troviamo nel Levitico al Cap. 13.
Quindi l’incontro di Gesù con il lebbroso assume un carattere di grande
intensità.
Lui pieno di impurità è di morte incontra chi dopo il battesimo nel Giordano è
pieno di Spirito Santo.
Una prima riflessione la possiamo fare sul fatto che Luca non specifica la città;
quindi, non sappiamo dove si trova Gesù, quando l’indicazione è generica
l’episodio è avvenuto e può avvenire in ogni città, perché anche noi ci
possiamo scoprire lebbrosi nel momento in cui ci rendiamo conto del nostro
peccato. Come “uno di quei giorni” la frase che introduce l’episodio del
paralitico, uno di quei giorni è il giorno della salvezza a disposizione di ogni
uomo.
Il lebbroso vede Gesù, Ciò che abilita a vedere il Salvatore e il Signore, non è la
nostra giustizia o santità, o perché siamo rispettosi della legge, ma la nostra
lebbra, il nostro male. Ci accostiamo a lui e lo vediamo perché abbiamo
bisogno di Giustizia e di Amore, Luca ci proporrà spesso questa parola, legata
mani e piedi alla misericordia.
“Signore se vuoi puoi mondarmi” la sua supplica è fatta con fede semplice e
assoluta, consapevole che il Gesù c’è lo stesso potere di Dio, lo chiama Signore
perché come Pietro ne riconosce il Mistero che racchiude.
Lo tocca, non era successo negli atri fatti che abbiamo incontrato
precedentemente.
Qui Gesù vuol farci capire alcune cose, la legge dichiarava impuro il lebbroso
e chi veniva a contatto con lui, quindi toccandolo anche Gesù diventa
lebbroso, (che guarito va a casa mentre Gesù si ritira nel deserto, ma a
pregare, a crescere nel rapporto con il Padre) si identifica, vuole identificarsi
con lui e carica su di sé la sua lebbra, come carica su di se i nostri peccati per
inchiodarli con lui sulla croce.
(Noi che non possiamo toccare Dio dall’alto della nostra giustizia, veniamo
toccati da lui nell’abisso del nostro male, nel quale è venuto a visitarci) Fausti.
Ed ecco che la lebbra scompare e l’uomo diventa nuovo. È come l’esperienza
del battesimo: al tocco e alla parola di grazia di Gesù, il male scompare e
l’uomo diventa nuovo. Il contatto con lui sana l’uomo, lo purifica dal peccato
e dalla morte. È questa la vera lebbra che lo esclude da Dio e degli altri.
Gesù impone il silenzio all’uomo guarito, è una traccia del segreto messianico,
tipico del Vangelo di Marco, che Luca ci riporta.
Questo ci fa capire che Gesù non ricerca la pubblicità, come dovrebbe essere
per tutti noi, ma ci indica un’altra verità che cioè quanto avviene sarà
comprensibile solo sulla croce, quando sarà tolto ogni segreto.
Gesù poi invia l’uomo guarito al sacerdote perché certifichi la guarigione, e
nello stesso tempo constati il limite della legge.
Perché la legge fa emergere il peccato ma non può guarirlo.
Ma veniamo alla guarigione del paralitico, la prima cosa che balza agli occhi è
che in questo caso non è il diretto interessato a chiedere la guarigione, ma
sono coloro che gli vogliono bene, parenti? amici? Il gruppo della Caritas?
Sicuramente persone che amano. Che come dice Papa Francesco riferendosi a
San Giuseppe, sono uomini dal coraggio creativo, (lettera apostolica “Patris
Corde” in occasione del 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe
quale patrono della Chiesa Universale) non si fanno scrupolo di scoperchiare
un tetto (a quei tempi non era molto difficile, ma sicuramente inusuale) pur di
presentare il loro “fratello” di fronte a Gesù in modo che lo noti e lo guarisca.
Sicuramente viviamo un momento difficile e tendenzialmente siamo portati
allo scoramento, eppure lo Spirito Santo lavora anche oggi più che mai, avere
fede significa anche non abbandonare la speranza e la gioia di sapere che Gesù
è con noi.
Penso quindi che oggi ci manchi un po’ questo coraggio creativo, che può
emergere, se si ha la gioia nel cuore, che non è spensieratezza o allegria, ma la
fede in Dio.
È quella creatività che in tempo di covid ci ha fatto sentire meno soli, quel
coraggio creativo che muove il cuore e le braccia di chi confidando nel
Signore, pur nelle difficoltà cercano vie per raggiungere e portare l’amore di
Cristo, anche ai “paralitici” di questo mondo.
E non mi riferisco ai paralitici fisici, che sono già santi, coraggiosi e attaccati
alla vita. Mi riferisco a quella paralisi che colpisce l’uomo nel cuore,
immobilizzato e imprigionato dal proprio egoismo, nei suoi fallimenti, nei
suoi sensi di colpa, paralisi aggravata dalla solitudine a volte dall’abbandono
totale. Oppure dalla negazione del problema, negazione del male, il male non
esiste “sono immobilizzato ma ci sto bene quindi non sono immobilizzato”
con buona pace degli psicologi.
Perché in questo caso l’unica arma a disposizione è il perdono, questo
sconosciuto. Luca è straordinario, sembra che in “quel giorno” gli scribi e
farisei della Palestina si siano dati appuntamento per mettere i bastoni tra le
ruote di Gesù” I cultori della legge che giudicano e condannano, non si sono
ancora resi conto che per far rialzare un uomo paralizzato e curvo nei suoi
peccati, c’è bisogno del perdono. Per loro è più difficile perdonare i peccati
che far camminare uno storpio perché il perdono solo da Dio può venire, ma
non si accorgono e li c’è qualcuno, Gesù e che in lui è presente sulla terra il
potere stesso di Dio, che è Misericordia.
Anche qui abbiamo l’esperienza del Battesimo, il battezzato che ha incontrato
lo sguardo e la parola di Gesù è stato perdonato, è risorto a vita nuova e può
camminare versi Dio e verso i fratelli. La stessa esperienza, esperienza diretta,
la facciamo nel sacramento della confessione, perché è li che ci rendiamo
conto che se infrangiamo le regole e comprendiamo l’errore c’è il perdono da
parte di Dio. (se il peccato è come la paralisi, la legge è come il letto. Fausti)
La legge è il pedagogo che ci segnala il peccato, il perdono ci rende la legge
più leggera perché la consapevolezza dell’errore non ci porta alla condanna e
all’isolamento ma al Perdono. E questo è il più bel regalo che Dio che è Padre
ci ha fatto donandoci Gesù. Il paralitico guarito ora può portare il lettuccio a
casa perché ora è leggero. Ma non dimentichiamoci mai della lavanda dei
piedi “Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche
voi.” (Gv 13,15) Perdonati impariamo a perdonare i nostri fratelli. Come allora
anche per noi è “l’oggi” in cui possiamo vedere cose prodigiose, il nemico che
diventa fratello. L’odio che si trasforma in amore e accoglienza, tutto questo
grazie al perdono.
PREGHIERA
La lebbra, la paralisi, nomi diversi per indicare il male, cioè tutto ciò che entra
nel nostro cuore e ci tiene lontani da te o Padre. Tu dall’alto dei cieli hai visto
la nostra sofferenza e ci hai mandato tuo figlio Gesù con il tuo potente
antidoto della misericordia e del perdono. Ma non vuoi operare da solo, ci vuoi
compartecipi affinché toccati dalla tua misericordia e dal tuo perdono, anche
noi impariamo ad essere misericordiosi e pronti a perdonare i nostri fratelli.
Amen