Biblico: Luca 5,27-39

C’è qualcosa di nuovo nell’aria, c’è un cambiamento, c’è chi lo aspetta da secoli e pur con fatica si mette in cammino con fiducia, c’è chi lo accetta per interesse, c’è invece chi lo rifiuta.

Anche oggi questo cambiamento è operante con le stesse reazioni.

 Il cammino che ci propone Luca che già dalle prime battute ci delinea una strada difficile e faticosa se facciamo fatica ad affidarci al Signore, ma se ci affidiamo a Lui il cammino non solo si farà più leggero ma ne costateremo la grandissima utilità per la nostra vita e per quella dei nostri fratelli, chiunque e ovunque siano, e quello che è ancora più importante,  la gioia invaderà il nostro cuore.

 In questo brano c’è prima un incontro di sguardi. Gesù guarda Matteo con amore, lo sguardo di Gesù è una carezza, è la carezza di una madre e di un padre amorevoli, di più è la carezza di Dio.

 Se pensiamo a Levi, pubblicano, esattore delle tasse per conto dei romani, collaborazionista, con facoltà di esigere più del dovuto per arricchimento personale quindi odiatissimo dal suo stesso popolo, trattato alla stregua del lebbroso, coglie questo sguardo su di lui, questo invito amorevole come da tempo non ne aveva avuti, non può non lasciare quel tavolo colmo di denaro, ma infinitamente meno prezioso di quello sguardo.

Ancora una volta ricompare una casa, questa volta è la casa di Levi, è evidente che Gesù predilige questo ambiente, lo abbiamo visto diverse volte già dai primi capitoli. Il cammino propostoci da Luca inizia nella casa di Maria e finisce nella casa presa a pigione da Paolo a Roma, dove gli arresti domiciliari non gli impediscono di diffondere la Parola. Siamo ormai lontani dal Tempio dove neanche i Sacerdoti accolgono la voce di Dio. (Zaccaria)

 La conversione di Levi (Matteo) non può che finire in gioia, rappresentata dal pranzo, un pranzo che è il banchetto del cielo dove “i pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti……” e vie è più gioia in cielo per un peccatore pentito che per 99 giusti che non hanno bisogno di conversione …..) è la festa di nozze tra lo sposo Gesù e la sua sposa la Chiesa, santa e peccatrice allo stesso tempo.

 Peccatrice redenta.

 I Farisei di ogni epoca gridano allo scandalo, mangia e beve con i pubblicani, frequenta cattive compagnie, parla con quella li, che mette le corna al marito. Stringe la mano a un dittatore. E chi più ne ha più ne metta. La risposta di Gesù è lapidaria non permette repliche o si accetta o si rifiuta. “: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; 32 io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi».

 Gesù tocca il male ma non si contamina, noi possiamo correre il rischio se ci affidiamo solo alle nostre forze, lui no lui combatte il male per salvare l’uomo. C’è qui una differenza fondamentale tra il Fariseo cultore e fedele alla legge di Mosè e Gesù che vede nella legge un pedagogo ma che va oltre.

 La religione farisaica tende a chiudersi in sé stessa, a proteggersi dalle contaminazioni nell’illusione che il male se tenuto lontano allontanando il malato, e quindi proteggere i sani. Gesù spalanca invece le porte accoglie, e nell’accogliere guarisce e fa festa. Con Gesù cadono le barriere, i muri di un mondo chiuso e ipocrita per aprirsi alla realtà del mondo che va oltre dove il solo nemico è il diavolo, il male che va combattuto non con ogni mezzo, ma con l’arma più efficace, che non è la bomba atomica, ma la misericordia, il perdono e l’amore.

Il racconto di Luca dobbiamo proiettarlo sempre sulla sua comunità, e di conseguenza sulla nostra, dove si fa strada il desiderio di giudicare e separare il buono dal cattivo, il grano dalla zizzania, le persone “per bene” da chi si comporta male, chi rispetta tutte le regole anche religiose e si sente perfetto e giusto, e chi si sente peccatore, con gli occhi addosso dei benpensanti, si sente isolato e messo da parte, dimenticandoci che in noi c’è l’uno e l’altro perché siamo peccatori.

Luca annuncia la gioia della conversione, svela a tutti che Dio e un Dio che ama e perdona e sdogana la salvezza per tutti. Non ha caso prende ad esempio negli ultimi due casi, un lebbroso e un pubblicano (pubblico peccatore conclamato) il massimo del male allora creduto. Ci indica che qualsiasi cosa abbiamo combinato nella nostra vita, c’è una porta aperta, è una porta stretta che richiede un’adesione, un restringimento del nostro io, un dimagrimento del nostro egoismo e del nostro orgoglio, un abbandono, perché un’altra possibilità ci è data.

 I farisei non replicano alla risposta lapidaria di Gesù, ma come chi pensa di avere ragione a prescindere insistono nelle domande trabocchetto, allora vedendo tutto quel ben di Dio sulla tavola apparecchiata e loro non erano tra gli invitati, provano ad attaccare Gesù sul digiuno  che i discepoli di Giovanni e i Farisei praticavano con costanza.

Presso gli ebrei era previsto solo il “grande digiuno”, nel Giorno dell’Espiazione, lo “iom Kippur” Lev. 16,29-31, giorno del pentimento, che si celebrava verso l’equinozio d’autunno, 2022 4/5 Ottobre. praticarlo manifestava l’appartenenza al popolo di Dio (Lv 16,29-31) durava tutto il giorno e non poteva essere trasgredito, pena la vita stessa.

Ai tempi di Gesù alcuni giudei digiunavano regolarmente per devozione personale, come Anna, che non si allontanava ma dal tempio (Lc 2,37) lo facevano anche i discepoli di Giovanni e i farisei, alcuni dei quali digiunavano due volte alla settimana. (Lc 18,12) Gesù stesso digiunò quaranta giorni e quaranta notti nel deserto, digiunò e pregò per cercare la via insieme con il Padre e lo Spirito per la sua manifestazione per la nostra salvezza. , E’ considerata una disciplina spirituale che aiutava e aiuta la preghiera e l’attenzione a Dio

 Gesù fa chiarezza anche su questo, accogliere il Figlio di Dio significa che il regno è presente, è lì, in quel banchetto, non accorgersene e non gioire significa essere sordi e soprattutto ciechi. Matteo invece lo accoglie come si accoglie uno sposo, lo Sposo per eccellenza.

 Ed è chiaro che a un pranzo di nozze non si digiuna. Ricordo che nel libro molto famoso “la città della Gioia” un indiano poverissimo, per dare alla figlia la possibilità di avere una festa di nozze degna, vendeva il suo sangue quasi fino a rischiare di morire. Il nostro amico don Giovanni Frausini ci ricordava che solo per due cose si può sperecare, per i poveri e per la liturgia. La liturgia è il nostro banchetto nunziale domenicale, dobbiamo sempre curare che sia dignitoso e espressivo. I poveri sono comunione vissuta nella vita di tutti i giorni, interpretazione, e realizzazione del pane spezzato nella liturgia domenicale.

Il digiuno è una pratica che la Chiesa Cattolica ha fatto sua, ricordando proprio le parole di Gesù in questo brano che richiama l’assenza dello sposo, perché è stato strappato via, che ci ricorda la passione di Gesù del Venerdì Santo. Infatti è inserito nella quaresima.

 Il nostro digiuno è anche un tempo di rinuncia da condividere con i poveri, che manifesta anche la nostra finitudine, le nostre fragilità quando siamo lontani da Signore.

Digiunare oggi per noi non significa solo astenersi o accostarsi al cibo con sobrietà, ma digiunare anche del tanto superfluo che circonda la nostra vita, e di quel “necessario” indotto dall’ economia del consumo che attraverso la pubblicità ci induce a percepire necessario ciò che necessario non è.

Significativa è la parabola del vestito nuovo e del vestito vecchio, e del vino nuovo e il vino vecchio. E’ una importante catechesi per i farisei di ogni tempo che spiega in modo eccellente che la vita non è un barcamenarsi su due sponde e pretendere di  stare in equilibrio, ma è importante fare delle scelte e a quelle essere fedeli. Gesù è il nuovo che avanza, che trasforma, che chiarisce e rinnova, che non butta via il passato ma lo riveste di una veste nuova, indica una strada nuova.

 Luca alla sua comunità e a noi chiarisce che la novità dell’essere Chiesa è stare intorno a un tavolo senza divisioni. La novità del Vangelo non ci stà dentro le vecchie strutture della Sinagoga: la fa scoppiare. Rattoppare il vecchio con il nuovo sarà sempre la tentazione della legge. Non funziona.

Ma Saper aprirsi al nuovo è sapersi aprire, come Gesù ai poveri, agli impuri ai peccatori e sedere con loro alla stessa mensa: la mensa che loro preparano per noi. San Paolo nella lettera ai Galati sottolinea con forza che non è possibile abbracciare il Vangelo e praticare la legge di Mose, circoncisione compresa, afferma con vigore che questo non migliora il rapporto con Dio lo fa regredire, significa aver camminato invano. E’ religione ma non è fede. Religione è agire per meritare il consenso di Dio, Fede è affidarsi totalmente a lui con le nostre fragilità. Con il Vangelo che è accoglienza, apertura, misericordi, perdono, accettazione dell’altro, non si a ha più niente a che fare con i segni di appartenenza, le pratiche corporali, le barriere tra puro e impuro. Gesù ci chiede di non accontentarci di ciò che conosciamo, ma di andare oltre, di accogliere il vino nuovo della vita che ci propone. Dice un proverbio dei nostri nonni “chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa cosa lascia ma non sa cosa trova” e questo è vero se ci affidiamo solo alle nostre forze, ma se è Gesù che ce lo chiede andiamo con gioia ad assaggiare questo vino nuovo e comprenderemo che il vino vecchio non è migliore.

PREGHIERA:

Fa o Signore che prevalga sempre in noi la gioia di averti incontrato piuttosto che la tristezza delle nostre debolezze e dei nostri peccati. Aiutaci sempre a vestire il Vestito nuovo che ci hai donato nel Battesimo e a nutrirci del vino nuovo e abbondante delle nozze di Cana, perché prevalga sempre in noi la Fede che alimenta la speranza per crescere sempre più nella Carità. Amen

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