IV Domenica di avvento. Emmanuele: “Dio con noi”

Is 7,10-14;
Sal 23;
Rm 1,1-7;
Mt 1,18-24.

La liturgia della quarta domenica d’Avvento ci presenta la straordinaria iniziativa che  Dio mette in campo per la salvezza dell’umanità: una vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà “Dio con noi”. Dio stesso prende l’iniziativa e viene incontro agli uomini per offrire loro una proposta di salvezza e di vita nuova; entra nella storia concreta dell’umanità rivestendosi della sua stessa carne e condividendone la fragilità e la debolezza fino in fondo.

Si chiamerà Emmanuele

L’annuncio che l’angelo fa a Giuseppe, nella pagina evangelica, riprende le parole del profeta Isaia nella prima lettura: “la vergine darà alla luce un figlio che verrà chiamato Emmanuele”, che in ebraico significa Dio con noi.

La figura di Acaz, re di Gerusalemme, è importante: vive una situazione difficile e allora Dio, per mezzo di Isaia, gli propone un segno come garanzia della certezza della protezione divina in quella tragica situazione. Eppure Acaz non vuole chiedere, non vuole che Dio intervenga, si chiude in se stesso nascondendosi dietro una falsa religiosità: “non lo chiederò, non voglio tentare il Signore”.

Non si trattava di tentare Dio perché lui stesso  aveva detto “chiedi per te un segno”. In realtà con questo segno Dio dimostra che non ha abbandonato il suo progetto d’amore a favore del popolo eletto e questo sarà il segno: “la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. “Emmanu”: con noi. “El”: Dio; l’Emmanuele sarà allora il “Dio con noi”:  

Da quel momento Dio stesso si impegnerà a costruire il suo regno di giustizia e di pace nella storia dell’umanità; camminerà con noi e “sarà con noi fino alla fine dei tempi” (Mt 28,20).

Tutto il vangelo di Matteo proclama questa vicinanza, dal momento dell’incarnazione quando si afferma che Maria sarà madre dell’Emmanuele, fino al momento della missione della comunità apsotolica quando Gesù ricorderà ai suoi discepoli “io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). 

Lo stesso nome di Gesù (in ebraico Jehoshûa “Jahve salva”) contiene già nel suo significato la promessa di salvezza che viene presentata, in termini spirituali, come salvezza dai peccati. La frase “egli infatti salverà” è la spiegazione del nome “Gesù”. Il Dio che cammina con il suo popolo è un salvatore.

Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù

Questo progetto esige da noi una collaborazione come fece Giuseppe che, accettando l’iniziativa di Dio, introdurrà suo figlio nella dinastia di Davide. Lui non è una semplice comparsa ma viene chiamato a esercitare la paternità dando il nome: l’angelo lo annuncia con chiarezza: “ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù”. Per mezzo del nome dato da Giuseppe, Gesù entra a formar parte della stirpe di Davide, quella chiamata a generare il messia.

Se Acaz, nella prima lettura, non accetta di collaborare al progetto di Dio, Giuseppe  nel vangelo offre la sua piena collaborazione, non ripudia Maria ma da il nome e “come aveva ordinato l’angelo, prese con sé la sua sposa”.

Nel Natale siamo davvero invitati a sperimentare Gesù come il “Dio che viene incontro agli uomini”, per offrire loro la salvezza; questo incontro sarà possibile solo se avremo il cuore disponibile ad accoglierlo e ad accogliere la proposta che è venuto a farci lui, come fece Giuseppe.

Come Giuseppe, il discepolo missionario è chiamato a collaborare nel Mistero di amore, mistero di vicinanza di Dio all’umanità. Ad essere strumento dell’amore di Dio, un Dio che è presente e vicino agli uomini.

Padre Osorio

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