Domenica di Pasqua. Davvero Cristo è risorto!

Nelle letture della domenica di risurrezione si intrecciano due messaggi che non perdono mai di attualità: anzitutto il messaggio del “sepolcro vuoto”, l’elemento centrale della pericope evangelica (Gv 20,1-9) che, come affermava San Girolamo, “è diventato la culla del cristianesimo”. E poi anche il messaggio del “kerigma cristiano”, cioè l’annuncio della morte e risurrezione del Signore, contenuto della prima e della seconda lettura, che trova il suo punto culminante nelle parole di Pietro (Ac 10,34a.37-43). Entrambi i messaggi ci portano a dire: “davvero Cristo è risorto”.

Il brano evangelico comincia con una bellissima esperienza dell’evento pasquale: “il sepolcro vuoto”. Giovanni comincia dicendo che era “il primo giorno della settimana, di mattina, ancora nelle tenebre… Maria la Maddalena andò al sepolcro e vide la pietra tolta dal sepolcro”. L’autore sacro mette in relazione l’evento cronologico, era “il primo giorno della settimana”, con il fatto di trovare la pietra tolta e il sepolcro vuoto. Nella sua indicazione cronologica Giovanni mette l’accento che l’esperienza ebbe luogo nel “primo giorno della settimana”. Nel “primo giorno” nasce il tempo nuovo e trova il suo fondamento principale l’esperienza della risurrezione. È questo un nuovo principio dei giorni, una nuova creazione, un nuovo tempo, una nuova storia.

Per rendere questa esperienza più significativa Giovanni usa il contrasto tra “mattina” e “tenebra”. Era “mattina” (nel testo greco “proi = mattina” indica un momento in cui c’è già la luce) ma Maria Maddalena era ancora prigioniera nelle tenebre dell’ignoranza, non pensava alla possibilità di una risurrezione. Quando vede che la pietra è stata tolta, pensa nella possibilità che il corpo sia stato portato via, magari delle autorità (cf Gv 20,13), e senza indugio previene gli apostoli con la speranza che essi possano recuperarlo.

Poi si vede che sepolcro è vuoto, ma le bende che avvolgevano il corpo di Cristo sono per terra e quindi si esclude l’ipotesi del furto e gli apostoli “incominciano a credere”. Egli “Vide e credette”: è l’inizio della fede in Gesù risorto. Questa espressione non è solo il cardine alla narrazione, ma risuona come un potente squillo di tromba per tutta la storia: c’è dunque un “credere” strettamente connesso a un “vedere”. In questo brano c’è anche una forte sottolineatura della realtà precedente al fatto qui narrato: “non avevano compreso la Scrittura” che invece aveva fatto sapere che Gesù sarebbe risorto dai morti. Basta pensare al vangelo di Luca dove per ben tre volte Gesù stesso parla ai Suoi della sua passione ma dice anche che, dopo tre giorni, sarebbe risorto.

Nella primitiva comunità cristiana si viveva quindi gioiosamente la certezza della risurrezione di Gesù e la si testimoniava: non tutti gli uomini arrivano a “capire” la risurrezione di Gesù, ma soltanto quelli che credono in lui, cioè “i testimoni prescelti da Dio”, quelli ai quali Gesù risorto “appare” come realtà vera e autentica. E la fede che ci dà l’accesso alla realtà della risurrezione e questo è precisamente il cuore del Kergma, dell’annuncio primitivo come Pietro nella prima lettura: “Voi conoscete… noi siamo testimoni… ci ha ordinato di annunziare al popolo e di attestare che Egli è il giudice dei vivi e dei morti”, quindi è il Kyrios, il Signore “tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in Lui ottiene la remissione dei peccati per mezzo del suo Nome”.

Noi, come gli Apostoli, siamo trasformati dal Vangelo di Gesù risorto, e dobbiamo vivere i valori dello spirito (seconda lettura). Siamo gli unici capaci di trasmettere gli stessi valori ad altre persone come la serenità anche nella sofferenza, la speranza davanti alla morte, la preghiera come abbandono nelle mani del Padre, la gioia nel servizio agli altri, l’onestà a tutta prova, l’umiltà e l’autocontrollo, la promozione del bene altrui, l’attenzione ai bisogni degli ultimi, la testimonianza dell’invisibile. “La creazione, toccata dalla vita del Cristo, acquista una nuova dimensione. Il mondo è percorso dalla vita, la storia dalla speranza, l’uomo si trasforma in figlio” (G. Ravasi). È questa la bella notizia di cui il mondo ha bisogno. E che tutti, nel mondo, hanno il diritto di ascoltare!

Così nasce anche la missione: l’annuncio di questo “Cristo è risorto” –che è il tesoro fondante della comunità credente– rimbalza di chiesa in chiesa, in ogni latitudine, in tutti gli angoli del mondo; diventa ‘vangelo–bella notizia’ per tutti i popoli.

Mentre celebriamo la risurrezione del Signore siamo invitati a celebrare l’inizio dell’attività missionaria. Con Gesù risorto, nel primo giorno, inizia la storia nuova dell’umanità e la sua comunità missionaria lo annuncia risorto. In questa umanità nuova “l’annunzio ha la priorità permanente”; è l’annuncio di Cristo crocifisso, morto e risorto nel quale si compie la piena e autentica liberazione dal male, dal peccato e dalla morte. In Lui Dio dona a tutti la “vita nuova”. È questa la “buona novella” che cambia l’uomo e la storia dell’umanità e che tutti i popoli hanno il diritto di conoscere.

Il discepolo missionario è colui che, dopo aver fatto l’esperienza con il Risorto, corre per le strade del mondo comunicando la gioia del Vangelo. Per il Papa Francesco “com’è bella una Chiesa che corre in questo modo per le strade del mondo! Senza paure, senza tatticismi e opportunismi; solo col desiderio di portare a tutti la gioia del Vangelo. A questo siamo chiamati: a fare esperienza del Risorto e condividerla con gli altri; a rotolare quella pietra dal sepolcro, in cui spesso abbiamo sigillato il Signore, per diffondere la sua gioia nel mondo”.

Padre Osorio

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