La quarta domenica di Pasqua è anche chiamata “del Buon Pastore”, e le letture e le preghiere della liturgia sono incentrate proprio su questa bellissima immagine di Gesù. E nel Vangelo Gesù parla della porta e del pastore: “chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore” e poi, facendo l’applicazione di questa parabola, dice: “io sono la porta delle pecore”, e “io sono il buon pastore”.
Gesù è il pastore e la porta
Il brano proposto per la quarta domenica dopo Pasqua fa parte del lungo discorso sul buon pastore, che si trova nel cap. 10 del Vangelo di Giovanni. Tale discorso nasce dalla controversia suscitata dalla guarigione che Gesù opera su un uomo cieco dalla nascita (cf. Gv 9,40-10,21). Nel Vangelo odierno, Gesù afferma che Egli è la porta che conduce alla vita. C’è dunque il collegamento tra essere pastore ed essere porta. Gesù dichiarava “Io sono il buon pastore”. In questo paragone di sé con il pastore, Egli usa l’aggettivo kalòs, che significa “bello”. La traduzione letterale sarebbe dunque “io sono il pastore bello”. Come vedremo, non si tratta di una qualificazione estetica, ma vuol dire che Gesù è il vero pastore: autentico, buono perché guida le pecore sulla via buona, retta e giusta. È un pastore affascinante che vale la pena di seguire. Ed è impressionante che la qualifica “pastore bello” venga preceduta dall’affermazione IO SONO che ricorre, nel Vangelo di Giovanni, quasi come un ritornello, sette volte (numero biblico della completezza). Con essa Gesù attesta la sua identità, la sua missione, la sua opera, il motivo per cui il Padre lo ha mandato: IO SONO il pastore buono/bello. Vi possiamo anche cogliere un’eco biblica del libro dell’Esodo, quando Dio si rivela a Mosè con le parole “Io sono colui che sono” frase che rivela la sua divinità. Questa divinità è anche sottolineata dell’immagine del buon pastore che è l’immagine stessa di Dio che ama le sue creature e le porta al pascolo (cf Sal 23). Gesù come pastore guida le pecore e come porta fa le entrare.
Gesù che è la porta ci invita a passare per essa. Pertanto passare per la porta, passare per Cristo che è la “porta”, vuole dire imitare lui, vivere come lui ha vissuto e, in particolare, portare la croce con amore, come ha fatto lui. Invece di ribellarci o di usare violenza, dobbiamo avere sempre bontà, generosità.
È necessario passare sempre attraverso di lui per ottenere la salvezza. “Se uno entra attraverso di me, sarà salvo”, dice Gesù. E poi afferma: “entrerà e uscirà e troverà pascolo”. Gesù ci introduce nel mondo interiore e in quello esteriore.
Dobbiamo essere con lui, quando vogliamo entrare nel mondo interiore e trovare un rapporto profondo, autentico con Dio. Se vogliamo raggiungere Dio e avere un rapporto personale con lui, dobbiamo passare attraverso Gesù, unirci a lui, perché ci presenti al Padre.
Se non entriamo attraverso la porta, siamo ladri, facciamo cose che non convengono. Invece di realizzare un’opera positiva, andiamo nella direzione della disonestà e dell’egoismo, e tutta la nostra vita è corrotta. Invece, se entriamo attraverso Gesù, attraverso il suo cuore e il suo amore, allora siamo salvi e viviamo la nostra vita in pienezza.
Il discepolo missionario è colui che segue il pastore bello. Infatti, Papa Francesco afferma che “occorre anche seguire il Buon Pastore. In particolare, quanti hanno la missione di guide nella Chiesa – sacerdoti, Vescovi, Papi – sono chiamati ad assumere non la mentalità del manager ma quella del servo, a imitazione di Gesù che, spogliando sé stesso, ci ha salvati con la sua misericordia. ….”.
Padre Osorio