V domenica del tempo di Pasqua

Non sia turbato il vostro cuore

At 6,1-7; Sal 32; 1Pt 2,4-9; Gv 14,1-12.

In questa domenica la liturgia ci offre testi bellissimi e rassicuranti. Gesù, nella pagina del Vangelo, esorta i discepoli a non avere paura perché Egli è tutto per noi: è il posto dove andiamo, ma è anche la via per la quale possiamo raggiungere questo posto. Perciò, la Chiesa è la comunità dei discepoli che seguono la “via” di Gesù. Essa, è anche, una comunità santa, edificio spirituale, anche se composta da uomini peccatori. Una comunità che si occupa dei poveri, degli orfani e delle vedove e cioè del servizio della tavola ma anche si occupa della preghiera e del servizio della Parola, com’è ben nota nella prima comunità cristiana descritta da Luca, nel libro degli Atti degli Apostoli.

Ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola

I dodici convocano il gruppo dei discepoli e stabiliscono una divisione del lavoro apostolico. Mantengono per se stessi la responsabilità principale, che non è quella materiale, ma quella spirituale. Un gruppo deve dedicarsi al servizio della mensa. Infatti, incaricano la comunità di scegliere sette uomini di buona reputazione, “pieni di Spirito e di saggezza”, ai quali affidare il servizio delle mense, si dedicano alla diaconia.

Nella comunità non dovrebbe esserci la discriminazione, l’esclusione e la negligenza dei poveri. Infatti, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Alcune persone non sono conosciute, e vengono trascurate. Perciò i dodici vogliono che ci sia la solidarietà nei confronti dei più deboli: le vedove. 

Mentre i sette di dedicano alla diaconia, i Dodici esprimono la loro intenzione di riservare a sé la preghiera e il servizio della parola, cioè il ruolo di testimoni della risurrezione di Cristo.

La chiesa pertanto, sin dall’inizio, si è rivelata come una comunità di servizio, della diaconia. Servizio della mensa e della Parola. La comunità cristiana è una realtà che ha al centro della sua dinamica il servizio, sia esso servizio della Parola o servizio ai fratelli più poveri. È impensabile che ci sia una comunità cristiana in cui questa dimensione diaconale non sia molto viva. 

Non sia turbato il vostro cuore

Nella cena di addio a cui si riferisce il nostro testo, Gesù sente che sta iniziando l’ultimo atto della missione affidatagli dal Padre. Perciò esorta ai suoi a non essere turbati. Egli ci dice: “Non sia turbato il vostro cuore”. Lui non ci chiede di essere sempre all’altezza di tutto: pronti, competenti e combattivi. Il maestro non ci chiede di essere i migliori, semplicemente ci chiede di fidarci di Dio e di lui: Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.  Dobbiamo semplicemente fare affidamento su di lui, avere fiducia in Gesù nei momenti di prova, in quelli di sofferenza e di angoscia.  Avere fiducia in lui è un aspetto indispensabile della nostra speranza. Il Signore conosce perfettamente i pesi, i pensieri, le preoccupazioni che ci stancano e ci disorientano ma ci invita alla fiducia in Dio e in Lui. Per quanto possa essere grande il nostro turbamento abbiamo la certezza che non esisterà mai una misura maggiore dell’amore di Dio. Per quest’amore il Signore ci prepara un posto ed una via.

Dicendo “vado a prepararvi un posto”, questo “posto” è nella casa del Padre. Gesù suggerisce che deve andare al Padre, affinché gli uomini possano entrare a far parte della famiglia di Dio.

In questa famiglia c’è posto per tutti “nella casa del Padre mio ci sono molte stanze”: basta che seguiamo “la via” di Gesù ascoltando le sue proposte e accettando di vivere come Uomini Nuovi, nell’amore e nel dono della vita. La “casa del Padre” è la comunità dei seguaci di Gesù (la Chiesa).

Qual è la “via” per entrare a far parte di questa famiglia di Dio si chiedono i discepoli? Loro erano testimoni della vita di Gesù, quindi conoscevano a memoria la “mappa” di questa “via”; ma si rifiutano ancora di credere che il dono della vita da parte di Gesù sia una via obbligata per far parte della famiglia di Dio (cfr. Gv 14,4-5).

La risposta è semplice… La “via” è Gesù (Gv 14,6): sono la sua vita, i suoi gesti di amore e di bontà, la sua morte intesa come vita donata a indicare agli uomini l’itinerario da percorrere. Accettando di percorrere questo “cammino” di identificazione con Gesù, si va verso la verità e la vita in pienezza. Chi accetta di percorrere questo “cammino” di amore, di abbandono, di dono della vita, raggiunge il Padre e diventa – come Gesù – “figlio di Dio”.

Il discepolo missionario è colui che segue la via.

Padre Osorio

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