Quando i figli fanno la sua volontà Gesù danza e il Padre gioisce. E’ cosi che l’uomo “timorato” di Dio sperimenta nel proprio cuore i doni che il Signore nella sua bontà gli ha fatto. Ognuno di noi scopre cosi il vero volto di Dio, un volto nascosto nei secoli, ma che ora attraverso Gesù è stato rivelato. Un Dio che è Padre amorevole, che freme per la sua creatura.
Il ritorno dei settantadue è un evento straordinario nella sua ordinarietà. Questo brano anzi questi primi versetti sono la miniatura del Regno di Dio, è l’immagine che ci rimanda il salmo 65
14I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di grano;
tutto canta e grida di gioia. (65,14)
Anche il salmo 126 ci insegna che l’andare è difficile irto di ostacoli, si incontrano i lupi, il male ci sta alle costole, c’è in gioco anche la vita, ma per chi avrà resistito c’è la gioia indescrivibile.
126 Canto delle ascensioni.
Quando in Signore ricondusse i prigionieri di Sion
ci sembrava di sognare.
2 Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.
Allora si diceva tra i popoli:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
3 Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia.
4 Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,
come i torrenti del Negheb.
5 Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo.
6 Nell’andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.
I discepoli gioiscono per la vittoria su Satana, è la vittoria sul male annunciata in Apocalisse alla fine dei tempi, è l’esperienza fatta dalle prime comunità (atti8,6-8) è la vittoria che ogni discepolo, ogni comunità, sperimenterà rispondendo alla chiamata del suo Signore. Perchè il primo motivo della missione è la sottomissione del demonio. La nostra lotta, la lotta di tutti i credenti non è contro gli uomini, ma contro il male che li tiene schiavi.
Ma come sottolinea Gesù al versetto 20, la gioia più grande quella che vale, è che è stata restaurata la condizione originaria del Paradiso, il cui l’uomo ritorna al centro, ritorna nel cuore di Dio.
Quello che accade ai discepoli è importantissimo perché, il demone del male è sconfitto, e sottomesso cosa che non era riuscita nemmeno agli apostoli (Cap.9) ma potrebbe rimanere un episodio, un evento fine a se stesso e isolato(eroi per un giorno) se non si fosse restaurato il rapporto filiale con Dio. “Prima eravamo schiavi, una volta liberi (diventati figli di Dio) dobbiamo lottare per non tornare in schiavitù: Per certi aspetti e più faticoso dominare il male che essere dominati “ (Fausti) (il popolo di Israele libero, deve affrontare il deserto) Per questo è importante entrare nella famiglia di Dio per dare continuità al nostro cammino di fede.
E’ come quando solleviamo un fratello o una sorella dalle sue difficoltà e poi ci mettiamo accanto a lui per accompagnarlo (buon Samaritano) allora entriamo a far parte della sua vita così abiteremo sempre ne suo cuore, e lui nel nostro.
Essere iscritti nel libro della vita è innestare in noi e di conseguenza negli altri un corto circuito di amore che sale dalla terra al cielo e viceversa e si propaga fino ai confini della terra.
L’uomo afferrato dal peccato, il serpente antico, punto dall’scorpione che ha iniettato nel cuore dell’uomo la paura della morte, non è stato abbandonato da Dio che è padre buono, perché gli ha gettato un ancora di salvezza , una possibilità che si può accettare o respingere, come è nella prassi del padre buono e giusto che ama e che vuole che i suoi figli siano liberi. (parabola del figlio prodigo) del resto non può esserci amore vero senza libertà.
L’ancora di salvezza è il suo figlio Unigenito Gesù, che incarnandosi nell’umanità più povera e derelitta, indicherà a tutti la strada della salvezza in cui il male e la morte non saranno più la sconfitta dell’uomo, ma la sua rinascita.
La struggente preghiera di Gesù è una danza di Gioia del Figlio per il dono che il padre attrraverso di Lui concede a tutti i piccoli della terra. 10 Così, vi dico, c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». (Lc 15,10) Gesù in queste poche righe si rivolge per ben cinque volte a Dio chiamandolo Padre (Abbà). Preghiera tenerissima e confidenziale, piena di gratitudine, perché i misteri del Regno sono stati rivelati ai piccoli, coloro cioè che hanno capito che la vittoria sul male non è merito delle loro capacità ma dai doni ricevuti dal Padre attraverso il Figlio.
Sono coloro che come Abramo si fidano e si affidano al Padre in forza della promessa, senza porre vincoli o condizioni. Che hanno capito che i propri meriti sono in realtà doni del Signore, che vanno ridonati, non tenuti gelosamente per se, o venduti.
La preghiera di Gesù ci invita a liberarci dell’egocentrismo, dell’egoismo, della pretesa di essere il dio della propria vita e il dio degli altri per dominarli, soprattutto fratelli più deboli.
E riconoscere la propria fragilità, che è il farmaco più potente per togliere le cataratte dai nostri occhi e vederci un po’ più chiaro.
E’ l’occasione della nostra vita, dell’unica vita che abbiamo.
Conoscere Dio come Padre lo possiamo fare riconoscendo Gesù come figlio di Dio che lo chiama Abbà Padre.
E’ quando ci alziamo in piedi è proclamiamo “Amen si lo voglio” e ci avviamo a camminare sulle orme di Cristo umilmente, con tutte le nostre povertà, ma con cuore sincero, riusciremo non solo a scorgere in Gesù i lineamenti del Padre, che sono Amore, misericordia, perdono, giustizia, libertà, ma anche noi in quanto figli adottati, solo così potremo trasmettere il volto del Padre ai nostri fratelli. “Se infatti tutto questo fosse frutto della nostra sapienza e intelligenza, la meraviglia e la gioia lascerebbero il posto ai nostri meriti e al nostre conquiste. E più che la gioia si manifesterebbe la nostra presunzione la nostra vanità.
Gesù infine proclama Beati i discepoli, perché hanno avuto la fortuna di vedere il Messia e ascoltare il suo messaggio, desiderato dai Profeti e dai Re della stirpe di Davide.
Beatitudine che investe la Chiesa tutta perché può fare la stessa esperienza di comunione con Cristo, facendo il percorso inverso.
I primi discepoli videro ascoltarono e credettero, noi Chiesa di Oggi, Ascoltiamo e attraverso l’ascolto vediamo il volto di Cristo e del Padre, e crediamo e entrismo in comunione con lui e con i fratelli.
Signore e Padre di noi tutti aiutaci a vivere l’esperienza dei tuoi primi discepoli, trasforma i nostri piccoli si detti a bassa voce, in un grido forte e sicuro, affinché possiamo assaporare come loro la gioia del ritorno a casa, dopo ver vinto il male che attanaglia il mondo e le nostre vite. Vogliamo danzare con te e con Gesù nella festa di nozze che hai preparato per i tuoi figli, quelli che sono scritti nei cieli. Amen
Fiorello Ciaramicoli, diacono